Giornata Nazionale del dialetto e delle lingue locali. La Basilicata risulta dagli studi un unicum a livello mondiale per la sua ricchezza linguistica.
Il 17 gennaio si celebra la giornata dei dialetti. La Basilicata è attraversata da moltissime lingue, diverse da un comune all’altro. A volte, addirittura da una frazione all’altra. Eppure si tratta di lingue che persistono, spesso, anche negli usi e nella memoria di quanti, per lavoro o per passione, emigrano dall’altra parte del mondo. Il vernacolo diventa, in questo modo, la testimonianza più diretta, genuina e accorata dell’appartenenza a una comunità.
Sono 131 i comuni della Basilicata e ben 140 i dialetti documentati da studi e ricerche sulla varietà linguistica lucana che hanno inizio, quasi per caso, nel 1931, quando il filologo e linguista tedesco, originario di Berlino, Gerhard Rohlfs è in viaggio nel sud Italia. Conosciuto come “l’archeologo delle parole”, Rohlfs scopre l’origine settentrionale e gallo italica di alcuni dialetti lucani, composta di varie isole linguistiche, dall’importanza straordinaria. Ed è la prima volta che questo tema è affrontato. Le sue riflessioni confluiscono in molti suoi lavori come in “Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten”, pubblicata negli anni 1949-1954 e tradotta in italiano da Einaudi con il titolo “Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti”.
La straordinaria varietà della cultura e della storia lucana è rivelata. Gli studi sulle lingue presenti in Basilicata, continuano con Heinrich Lausberg, allievo di Rohlfs, che nel 1939 pubblica “I dialetti della Lucania meridionale“, la sua tesi di dottorato presso l’università di Tubinga.
Nella prima metà del secolo scorso la ricerca portò alla definizione di un’area galloitalica compresa in una sorta di quadrilatero che comprendeva Picerno, Tito, Pignola, Potenza e Vaglio Basilicata. Rohlfs individuò anche un’altra area di lingua settentrionale nel Sud della regione formata da Trecchina, Rivello e Nemoli. Dopo Rohlfs altri studiosi si sono occupati dell’argomento, tra questi ricordiamo Franco Fanciullo, Antonio Rosario Mennonna e Mancarella, Patrizia del Puente, che anno consentito oggi di definire con precisione l’estensione dell’area galloitalica lucana confermando quella individuata dal Rohlfs e aggiungendo anche Albano di Lucania (tra l’altro già indicata da Lüdtke), due frazioni di Savoia (Castellaro e Perolla), due frazioni di Abriola (Tintiera e Arioso), due frazioni di Lagonegro (Fortino e Pennarone).
Radici, linguistica e cultura
Insomma, oggi, 17 gennaio, la Giornata nazionale dei dialetti e delle lingue locali è occasione per per continuare a preservare e conoscere le nostre radici e la nostra cultura che si conserva anche attraverso l’uso delle parole, come trait d’union di una comunità non solo territoriale ma anche linguistica, peculiare nel mondo.
Il lucano che sente la dignità del proprio dialetto, scrive la glottologa Del Puente, sente questa unione forte con la sua lingua locale e quindi, per scrivere le proprie emozioni, la sceglie.
Per celebrarla, abbiamo scelto uno fra i poeti più conosciuti che hanno adottato il dialetto per esprimere e comunicare emozioni: Albino Pierro, a cui è dedicato anche il parco letterario omonimo, uno fra i sette esistenti in Basilicata e intitolati ad altrettanti scrittori illustri.
Pierro era di Tursi, il cui dialetto, pur avendo attirato l’attenzione di filologi e linguisti come Rohlfs e Lausberg, era letterariamente vergine quando egli decise di adottarlo, come scrive lui stesso:
«Forse il bisogno di testimoniare meglio le mie origini più autentiche sarà stato ridestato dall’assenza, dalla distanza. Si trattò di recuperare un linguaggio che era appartenuto al mio passato e al passato della mia gente»
(in A. Pierro, Nun c’è pizze di munne, Milano, Mondadori, 1992, p. 105)
Prime de parte
Albino Pierro
’A notte prime di parte
mi ni nghianève a lu balcone adàvete
e allè sintìje i grille ca cantàine
ammuccète nd’u nivre d’i muntagne.
Na lunicella ianca com’ ’a nive
mbianchijàite ll’ìrmice a u cummente
ma a lu pahàzze méje
tutt’i balcune i’èrene vacante.
Prima di partire
La notte prima di partire / me ne salii al balcone di sopra / e là sentivo i grilli che cantavano / nascosti nel nero delle montagne. // Una lunicella bianca come la neve / imbiancava gli embrici al convento / ma al palazzo mio / tutti i balconi erano vuoti.